MARCO TRAVAGLIO: Vi racconto chi è la Boschi, una che in un parlamento serio potrebbe solo togliere la polvere !!
Marco Travaglio a tutto campo sul Ministro per le Riforme Maria Elena Boschi.
Se solo sei mesi fa le avessero vaticinato
che un’avvocaticchia di 33 anni come lei sarebbe diventata
ministro delle Riforme, dei Rapporti con il Parlamento e persino
dell’Attuazione del programma, e avrebbe riformato la Costituzione
con Verdini e Calderoli, Maria Elena Boschi si sarebbe messa a
ridere. Anzi, a sorridere. Perché Lei non ride: Lei sorride. “Non
cediamo alle provocazioni e ai ricatti e, con un sorriso, andiamo
avanti”, ha dichiarato l’altro giorno nell’intervista settimanale a
Repubblica: “I grillini arrabbiati sono venuti a chiedermi perché
sorridessi in aula. In realtà il sorriso non è scherno né
arroganza: è la convinzione che ce la possiamo fare e ce la
faremo”. Le hanno detto di sorridere sempre e comunque, anche
quando non c’è niente da sorridere. E lei sorride, anche quando
dovrebbe scapparle da ridere per le corbellerie che dice. Tipo
quando ha paragonato la svolta autoritaria del Renzusconi, ormai palese
ai più, a “un’allucinazione”. O quando ha estratto dal
dizionario delle citazioni una frase di De Andrè, una di
Pratolini e una di Fanfani, aretino come lei e nano come B., che
piace tanto anche al suo papà (“grande statista e riferimento per
tante donne e uomini della mia terra, compreso mio padre”). Che
diceva Fanfani? Che “le bugie in politica non servono”. Perbacco,
che acume. Ci voleva proprio Fanfani – uno dei politici più
bugiardi della storia – per elaborare un concetto
così complesso, da ernia al cervello. Quando l’ha scoperto,
monna Maria Elena s’è illuminata d’immenso, con tutta una serie di
effetti collaterali.
Citiamo dalla telecronaca diretta su
Repubblica di Sebastiano Messina, uno dei giornalisti più
innamorati di Lei: “La fascinosa portabandiera del governo Renzi ha
smesso di sorridere, ha socchiuso gli occhi e – per la
prima volta – ha alzato la voce”. A quel punto “tutti si sono
girati per vedere la ministra con gli occhi azzurri”. Lei ha perso
“l’imbarazzata dolcezza” e le mani, “che teneva giunte per
precisare il concetto, le apriva per scandire la vacuità fasulla
dei suoi contestatori”. Infine, prodigio nel miracolo, “ha
tirato fuori la citazione dalla tasca del suo tailleur-pantalone
grigio argento”. E prossimamente, statene certi, estrarrà
altre storiche frasi: “aprite la finestra ché fa caldo, come
disse Bisaglia”, “ieri pioveva oggi invece fa sole, come ebbe a
sottolineare Piccoli”, “quando ti prude la pancia non resta che
grattarti, come suggerì Rumor”. E tutt’intorno si formerà
una “ola” di consenso, accompagnata da un coro di “oooohhhh”
di ammirato stupore, soprattutto fra i cronisti con la bocca a cul
di gallina che quotidianamente narrano Tutta la Boschi
Minuto per Minuto.
L’altro giorno riferivano che la
piacente ministra “ha giocato ripetutamente con l’anello che porta
all’anulare sinistro” (Corriere della sera), il che ha
comprensibilmente “destato molta curiosità” (Repubblica ). Poi
Dagospia dava conto delle sue ben dieci visite alla toilette di
Palazzo Madama in poche ore, forse per conferire con Matteo, o
forse per vomitare. Bruno Vespa, quando l’ha intervistata per
Panorama , ne è uscito molto turbato, con la lingua di fuori:
“Maria Elena Boschi assomiglia sempre di più alle nobildonne
rinascimentali che lasciano beni e affetti perché rapite da una
vocazione religiosa. Una Santa Teresa d’Avila che scolpita dal
Bernini per Santa Maria della Vittoria, a Roma, acquista
sensualità nel momento in cui la trafigge la freccia dell’estasi
divina”. Rapita dal Vangelo secondo Matteo, “la bella avvocata
toscana una vita privata non ce l’ha da quando Renzi l’ha portata
al governo… Si sveglia prestissimo, alle 8 è in ufficio, stacca tra
le 9 e le 11 di sera. Single per necessità, sogna una famiglia, ma
adesso non può permettersela”. Una vita di stenti, tutta votata al
sacrificio. La nuova Teresa d’Avila, anzi d’Arezzo,
come l’originale ha pure le visioni mistiche (da
non confondere con le allucinazioni). Infatti dichiara ogni
due per tre che il nuovo Senato è “una risposta all’Europa” (che
peraltro se ne frega) e “all’urlo lanciato dai cittadini”.
E qui, più che Teresa d’Avila, viene
in mente Giovanna d’Arco che sentiva le voci: ogni sera,
quando va mestamente a dormire, in ginocchio sui ceci, sola
nella sua celletta arredata con un umile inginocchiatoio, ode
l’urlo del popolo che implora: “Deh, Maria Elena, i senatori non
li vogliamo eleggere noi: orsù, nominàteveli pure voi della Casta!
E, già che ci siete, pure i deputati!”. Ragion per cui
va ripetendo: “Dobbiamo mantenere l’impegno”, anche se non si
capisce con chi, visto che nessun elettore ha mai saputo niente
della riforma del Senato né chiesto ad alcuno di realizzarla. Poi
concede: “Comunque sottoporremo le riforme al referendum: più
aperti al confronto democratico di così…”. Non sa che il referendum non
sarà una sua magnanima elargizione: è la naturale conseguenza del
fatto che, al Senato, la cosiddetta riforma rischia di non avere
nemmeno la maggioranza semplice, figurarsi i due terzi.
Forse
un giorno il papà fanfaniano, appena promosso vicepresidente
della Banca Etruria (ribaltando la figura dei figli di papà in
quella dei papà di figlie), le parlerà anche dei padri costituenti,
che impiegarono quasi due anni per scrivere i 139 articoli
della Costituzione.
Mentre l’avvocaticchia di Arezzo, che alla
Costituente avrebbe a stento levato la polvere dai
davanzali, vorrebbe approvarne 47 in dieci giorni. E chi obietta
qualcosa, se è un presidente emerito della Consulta, è un
“professorone” e un “solone”. Se è un oppositore in Senato, è
“un ricattatore”. E se il capolavoro non passa, si va a votare:
“la vita del governo è legata alle riforme costituzionali” (non
sa che le Costituzioni non le riformano i governi, semmai
i parlamenti, e comunque le Camere le scioglie il capo
dello Stato, non lei). Poi spiega che il Boschiverdinellum
“non contiene minacce per la democrazia”, tant’è che “se ne
parla da trent’anni” (non dice da parte di chi, quando, come e
de che, se si eccettuano Gelli e Craxi). Quanto ai deputati
nominati con le liste bloccate dell’Italicum, niente paura: “il Pd
farà le primarie” (e pazienza se alle Europee non le ha fatte e
gli altri partiti non le faranno mai). Insomma, come diceva il
piccolo grande Fanfani, le bugie in politica non servono: però
aiutano. Ma forse è presto per credere che Santa Teresa d’Arezzo
sia in malafede: forse parla semplicemente di cose più grandi di
lei. Chissà che un giorno non s’imbatta in un’altra frase
dell’Amintore, davvero poco consona con la rottamazione: “Si può
essere bischeri anche a vent’anni”. Figuriamoci a trentatrè.
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