In un libro le collusioni dell'arcivescovo di Buenos Aires con la dittatura militare
Il cardinale Jorge Mario
Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, presidente dei vescovi argentini,
nonché tra i più votati, un anno fa, nel conclave Vaticano che ha scelto il
successore di Giovanni Paolo II, è accusato di collusione con la dittatura argentina
che sterminò novemila persone. Le prove del ruolo giocato da Bergoglio a
partire dal 24 marzo 1976, sono racchiuse nel libro L’isola del Silenzio. Il
ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, del giornalista argentino
Horacio Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più
tragico del Paese sudamericano, lavorando sulla ricostruzione degli eventi
attraverso ricerche serie e attente.
I fatti riferiti da
Verbitsky. Nei primi anni
Settanta Bergoglio, 36 anni, gesuita, divenne il più giovane Superiore
provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Entrando a capo della
congregazione, ereditò molta influenza e molto potere, dato che in quel
periodo
l'istituzione religiosa ricopriva un ruolo determinante in tutte le
comunità ecclesiastiche di base,
attive nelle baraccopoli di Buenos Aires. Tutti i sacerdoti gesuiti che
operavano nell’area erano sotto le sue dipendenze. Fu così che nel
febbraio del
’76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio chiese a due dei
gesuiti
impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro nelle
baraccopoli e di
andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono
di andarsene. Non se la sentirono di abbandonare tutta quella gente
povera che faceva
affidamento su di loro.
La svolta. Verbitsky racconta come Bergoglio reagì con due
provvedimenti immediati. Innanzitutto li escluse dalla Compagnia di
Gesù senza
nemmeno informarli, poi fece pressioni all’allora arcivescovo di
Buenos Aires
per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo il